31 luglio 2012

Due chiacchiere e una fresella, home made!

Questo piccolo spazio mi manca ogni volta di più, quando qualche motivo mi tiene lontana per un po'. E così, come faccio con gli amici dopo che è passato del tempo dall'ultima volta, mi verrebbe di parlare a valanga!!! 
Ma ve lo risparmio, per carità, e mi limito a dirvi che continua la mia solita vita sui mezzi pubblici di Roma (no, non faccio l'autista, manco il controllore, è solo che non ho l'automobile), con un'impennata nell'uso di treni e pullman per raggiungere casa a Terracina e tuffarmi nelle avventure marine con Puppy Puzzi e la Cianina (per i nuovi lettori, sono le mie nipotine quatrènne e unènne). 
Dedico un po' più di tempo alla meditazione buddista e alle attività con i miei compagni di fede. Per esempio, la domenica vado spesso al nostro centro culturale per curare il giardino. La situazione richiede impegno: il pozzo si è prosciugato a causa della siccità e le piante hanno bisogno di tanto sostegno perché stanno patendo come non mai.
Ah, c'è pure la Baubeach che ci tiene impegnati, una spiaggia vicino a Roma in cui possiamo portare la nostra Kina a scorrazzare e socializzare tra bagnetti e buche nella sabbia.
In tutto questo, ci sono giornate intere in cui il pc me lo scordo proprio. Penso a tutte le mie amiche di blog, ai loro racconti e alle loro cucine e quando mi rimetto davanti al computer la prima cosa che faccio è venirvi a trovare, tralasciando questo mio spazio.
In cucina da me, sempre più spesso è il vero cuoco di casa che la sta facendo da padrone. Tonino è bravo, cavoletti, e mi sta facendo mangiare così bene che lo lascio fare senza insistere troppo per riprendere in mano la situescion. Che con questo caldo noi donne abbiamo gli abbassamenti di pressione e quindi, per ora, lascio che lui si prenda cura di me. ;)
Ma ogni tanto ecco che rispunto e stavolta vi propongo le freselle fatte in casa, dopo che una ricettuzza della Vani mi ha messo troppa voglia di impastare! Ho apportato qualche modifica rispetto alla ricetta di Rossella: ho aggiunto a metà dell'impasto dei semi di sesamo tostati e all'altra metà semi di finocchio, inoltre ho sostituito la manitoba della ricetta originaria con una miscela di farina di semola di grano duro e farina 0, perché la trovavo più vicina ai sapori di Puglia e ho messo un po' più di pasta madre.
Per il condimento, bastano pomodorini, basilico e un filo d'olio buono. Ma se volete farne una davvero speciale, potete dare un'occhiata a questa di cui vi avevo scritto un po' di tempo fa.
Ultima cosa, la fresella che vedete in foto è l'ultima che sono riuscita a recuperare per lo scatto, nel giro di pochi giorni...


Due chiacchiere e una fresella, home made!


ingredienti
300 g di farina di semola di grano duro
200 g di farina 0
160 g di pasta madre
280 g di acqua
sale
a piacere: semi di finocchi e sesamo o tutto quello che volete!


Portare la pasta madre (rinfrescata la sera prima) a temperatura ambiente tirandola fuori dal frigo almeno due ore prima e scioglierla nell'acqua appena tiepida. Versare la farina a fontana e versarvi il lievito sciolto. Cominciare ad impastare e aggiungere un paio di prese di sale. Continuare ad impastare per una decina di minuti, finché si avrà una consistenza liscia e omogenea.
Riporre l'impasto in un contenitore, coprire con la pellicola e aspettare 3-4 ore per avere il raddoppio.
Riprendere l'impasto e, se si vuole aromatizzare, dividerlo in due parti, aggiungere in una i semi di finocchio e nell'altra quelli di sesamo e lavorare un po', per poi formare sei salsicciotti di circa 40 cm. Altrimenti, dividere direttamente l'impasto in sei, formare i salsicciotti e chiuderli a ciambella, avendo cura di lasciare un buco al centro grande come il vostro polso (Rossella è sempre fantastica nelle sue annotazioni!).
Riporre le ciambelle su una leccarda ricoperta di carta da forno e coprirle con uno straccio appena umido. Lasciare lievitare ancora 3-4 ore.
Accendere il forno a 200°C, allargare un po' i buchi delle ciambelle se con la lievitazione si sono ristretti e cuocere per 10 minuti. Abbassare a 180°C e far cuocere per altri 10-15 minuti finché saranno dorate. Togliere dal forno, abbassare la temperatura a 150°C, tagliare per lungo le ciambelle così da ottenere 12 freselle e rimettere in forno per circa 20 minuti, fino a quando saranno belle dorate. 
Spegnere il forno e lasciarle raffreddare dentro, così che si asciughino bene. Possono essere conservate per diversi giorni oppure mangiate tutte le sere per avere una cena veloce e sempre diversa! ;)


17 luglio 2012

Affacciata sul Cile.


Affacciata sul Cile.


Affacciata sul Cile.










Affacciata sul Cile.

Affacciata sul Cile.

http://www.home-designing.com/2009/09/house-on-a-cliff

A basso costo, a basso impatto, ad alto contenuto di sogno...

13 luglio 2012

Milinciani a' la parmiciana.

Milinciani a' la parmiciana.

E' uno dei grandi classici della cucina di tutti noi, non ci sono dubbi... D'estate le melanzane alla parmigiana si preparano diligentemente al mattino, quando l'aria è più fresca e ci abbiamo ancora il coraggio di friggere e infornare. Il più bello viene al ritorno dal mare, quando non ci resta altro che apparecchiare e impiattarne porzioni generose.
Eppure, anche dietro alle cose più familiari possono nascondersi dei misteri... Per esempio, perché questo nome? Che c'entra la Sicilia con Parma e il parmigiano? O forse siamo di fronte a un caso di furto culinario o di contaminazioni che si perdono nella notte dei tempi?
Ebbene, per me che ho la curiosità a volte anche fastidiosa di una bimbetta, dico per me il mistero si faceva fitto...
Finché, diversi anni fa, mi imbarco su una nave per Palermo e trascorro qualche giorno di vacanza in uno dei posti che per sempre resteranno nella mia seppure labile memoria.
Si tratta di una casa appena dopo i Quattro Canti e non distante dalla cattedrale. Chi ha la fortuna di conoscere Palermo sa di cosa parlo. Una strada a ridosso della Vucciria e di Ballarò, alle cui spalle si trovano le chiese di San Cataldo e della Martorana, un luogo in cui gli artefici architetti, urbanisti, artisti, costruttori, geni dell'umanità hanno concentrato una quantità di bellezza e intensità umana da lasciare storditi. Ebbene, avevamo affittato una stanza in una casa di palermitani, fratello e sorella che avevano rimesso in sesto un grande appartamento un tempo usato come albergo. In casa ci abitavano, oltre ai fratelli, studenti erasmus da Germania e Romania, una ballerina di tango argentina e un'agrigentina alla ricerca di sé. Oltre a fidanzati, amici, compaesani e studenti di qualunque parte del mondo. Insomma, la sera non c'era bisogno di uscire e non solo per la compagnia straordinaria di cui si poteva godere. Ma anche per la cena. Perché il fidanzato di una ragazza romena, bellissima, era un cuoco appena evaso da uno dei più blasonati ristoranti della città. Evaso perché stanco della vita assurda che un lavoro simile spesso impone e anche perché gli avventori non li sopportava proprio più. Per la maggior parte politici. 
Ecco, mi ricordo che era un pomeriggio. Un tardo pomeriggio e lui era già ai fornelli per tutti noi (che non è vero che solo gli uomini vanno presi per la gola, evidentemente se sei innamorato di una specie di vamp pure col fascino della straniera, ce la metti tutta e cucini tutte le sere per lei e per una quindicina di altre persone...). E fu così che in quel tardo pomeriggio l'investigatore che è in me si mise all'opera, non ancora annebbiato dai fumi dell'alcool di bicchieri di rosso straordinari che ti mettevano in mano e che non ti potevi assolutamente permettere di rifiutare. E feci la domanda. Ma che c'entrano le melanzane con Parma?
Bene, come spesso accade nelle faccende più intricate, la soluzione è sotto il nostro naso ed più vicina di quanto immaginiamo.
Vi ricordate la scenetta di sopra, di noi che al mattino di buonora prepariamo e al mezzodì pappiamo la parmigiana che intanto si è riposata rilasciando il meglio di sé? Succedeva appunto che in Sicilia, la domenica, la donna al mattino si alzava, mondava, friggeva, infornava e si preparava per andare alla messa con tutta la famiglia. Avendo cura di poggiare la teglia fumante vicino a una finestra con le persiane socchiuse per farla raffreddare. 
Tornata la famiglia dalla messa, i bambini apparecchiavano la tavola, la donna metteva su l'acqua per la pasta e gridava al marito, già in poltrona: "Totuzzo! Totuzzo! Vammi a pprendere i milinciani a' la parmiciana!" Perché la parmiciana è la finestra, o meglio, indica le listelle di legno che formano le persiane e che, così sovrapposte, somigliano tra l'altro agli strati di melanzane che formano questo piatto.
Ebbene, io c'ho creduto all'istante senza alcun dubbio perché di una chiarezza lampante. Tra l'altro ho ritrovato la stessa versione nel testo di Anna Pomar "La cucina tradizionale siciliana".
Quindi, mi raccomando, se anche voi come me siete innamorati persi di questa terra e della sua cucina, usate il caciocavallo...o al massimo il percorino. Che il parmigiano, evidentemente, è un intruso!

ingredienti
4 melanzane
mezzo chilo di pomodori maturi
1 cipolla 
100 g di caciocavallo (o pecorino)
basilico
sale
olio 

Mondare le melanzane e tagliarle a fette spesse un centimetro. Salarle e lasciarle in uno scolapasta per almeno un'ora.  Nel frattempo possiamo preparare la salsa di pomodoro. Tagliare in pezzi i pomodori e lasciarli cuocere in una padella solo con sale e basilico. 
Strizzare le melanzane e friggerle in padella. Versare in una teglia un mestolo di salsa, adagiare una parte delle melanzane e il caciocavallo grattugiato grosso. Di nuovo versare la salsa, uno strato di melanzane e formaggio e terminare con salsa, foglie di basilico e caciocavallo. Infornare a 180°C per 20 minuti. Servire a temperatura ambiente. 

11 luglio 2012

Mango lassi per finire.

E' ora di tornare da questo viaggio forse neanche troppo immaginario, dove i sapori restituiscono la bellezza di realtà non ancora raggiunte.
In fondo l'India non è tra i paesi che i miei occhi più di tutti anelano di vedere, eppure sento nei suoi confronti un sentimento di vicinanza e di bene. 
Custodisco le storie di alcuni indiani che ho incontrato, le custodisco e non ne parlo per non infrangerne l'intimità e perché mai saprei restituire la gentilezza incorrotta di vite su cui si sono abbattute onde inarrestabili. 
Quando per strada incontro le donne e le bambine, m'incanto di fronte alla loro eleganza, agli accostamenti dei colori, al loro modo di portare le vesti e camminare con un sorriso accennato, in mezzo alle macchine di un quartiere dove i marciapiedi sono rari.  
Vedo gli uomini tornare dai campi, nel paese dove sono cresciuta, tutti in gruppo in bicicletta con gli occhi neri neri e seri, i volti ispessiti dal caldo e dalla fatica, con l'andatura spensierata e leggera.
Penso che è una specie di dio delle piccole cose, quello che si portano dentro. Quel dio di Arundhati Roy, fatto di paradossi e sofferenze eppure sempre liberatorio e vicino. 
Pensavo alla forza del pensiero, quello capace di costruire, di accogliere, di cambiare davvero. E pensavo a noi europei(fa sempre un po' strano dirlo) annichiliti dalla politica e dall'economia, anzi, dalla sua forma più astratta e disumana che si chiama finanza, che continuiamo a dibattere troppo spesso sulle ceneri della nostra storia. E allora vado alla ricerca dell'energia e dell'intelligenza creativa e solida di persone che stanno parlando al mondo, come la fisica e biologa Vandana Shiva e alle lotte per la sicurezza alimentare, penso alla portata rivoluzionaria di un economista di nome Yunus, persona di incomparabile dolcezza, premio Nobel per la Pace, fondatore della finanza etica e di tutto quello che ne sta conseguendo (in Italia, grazie a chi ha creduto al suo pensiero, possiamo mettere i nostri soldi in una Banca Etica), penso ad un altro economista, Amartya Sen, Nobel per l'Economia, ai bei dialoghi su di lui con un mio professore, al suo concetto di felicità come base per l'economia (e ci ha vinto, lo ricordavo prima, il premio nobel per l'economia).
Così, in un paese in cui si è compiuta contro l'invasore la più grossa lotta di liberazione della storia attraverso la nonviolenza e che poi, la violenza, l'ha conosciuta tragicamente per combattere i propri fratelli, oggi troviamo le contraddizioni necessarie a rendercelo vicino (forse la perfezione scandinava ci risulta a volte troppo aliena) e l'intelligenza necessaria a tracciare le strade di cambiamenti possibili. 
Allora volevo concludere questo mio viaggio bevendo un lassi, fresco e dolce perché ce n'è bisogno, annusando il profumo del mango che m'ha portato a tutti questi pensieri, immaginando che  venga voglia anche a voi di prepararlo e di ritrovarvi a cogliere un sentimento di gratitudine per tanta bellezza.




ingredienti
200 g di yogurt
1 mango
50 ml di acqua
1 cucchiaino di miele
(si può avere anche una versione da sorseggiare durante il pasto, omettendo il miele e aggiungendo un pizzico si sale e spezie)

Tagliare a metà un mango maturo, scavarlo con un cucchiaio per averne la polpa e frullarla. Versare lo yogurt e l'acqua e frullare ancora un po' per amalgamare bene. Aggiungere infine il miele. In questo periodo è molto gradevole sorseggiarlo freddo, ma si può bere anche a temperatura ambiente e sostituire il mango con altra frutta di stagione.

6 luglio 2012

Bengala story: la mia zuppa di pomodori e curry.

Bengala story: la mia zuppa di pomodori e curry.

Quando parto con l'immaginazione, poi ci metto un po' a interrompere la corsa di questo treno speciale, diciamo una sorta di oriente-express.
Per questo motivo, vista la potenza evocativa del pepe lungo e delle estreme regioni dell'India, non mi sono fermata e ho continuato a cercare proprio nel Bengala. 
E ho scoperto questa zuppa di pomodoro. Ne ho trovate diverse versioni e tutte, più o meno, richiamano la cucina ayurvedica.
Io non aspiro a tanto, visto il profondo rispetto che nutro per una disciplina antichissima e profonda, e non so quanto, in realtà, le ricette che circolano rispettino davvero questa tradizione. Per questo, quella che propongo qui di seguito è solo una mia personale versione, per quanto davvero squisita!
Come dicevo, non so se un indiano usa in cucina cose come olio d'oliva e burro d'arachidi e immagino che, quando si parla di curry, la polverina gialla che gira da noi non sia proprio la stessa cosa. Tuttavia, se ne abbiamo la possibilità, possiamo sostituire l'olio con il ghee, che non è difficile da trovare sia nei negozi di alimentazione biologica che nei minimarket che gli indiani hanno da tempo cominciato ad aprire anche nei piccoli centri del nostro paese. 
Quando a Terracina aprì il primo alimentari di questo tipo, mi sentivo felice. Per diversi motivi: voleva dire che gli indiani che abitavano nella mia città volevano sentirsi un po' di più a casa loro e con i giusti rifornimenti alimentari potevano mangiare secondo la cucina tradizionale, non rischiando di perderla. In più, io potevo andare a curiosare, potevo comprare il mitico succo di frutta al mango (così buono come ce lo avevano loro, manco al commercio equo e solidale), un buon curry, il riso thai. Per non parlare di cose strane e meravigliose, tipo il Boondi che trovai quella volta in un negozietto di Parma
E sapete? Quel piccolo negozio nella mia città aveva per me il sapore di Londra, era capace di trasformare una piccola città della provincia italiana in un posto un po' più, come dire, collocato nel mondo. E allo stesso tempo mi parlava degli alimentari di quando ero piccola, in cui fare la spesa era un attimo e si stava così stretti che ci si doveva parlare con chi si incontrava.
La zuppa di pomodori è profumata e i profumi anche, sì anche loro, hanno cambiato le nostre città. Così se volete continuare a viaggiare, anche voi come me, con la vostra immaginazione, stasera potreste rivestire la vostra casa del profumo di questa gemma purpurea.

ingredienti
250 g di pomodori maturi
oppure
70 cl di passata di pomodoro 
una cipolla
una carota
1 pezzetto di zenzero fresco
mezzo litro di brodo vegetale
2 cucchiaini colmi di curry madras
2 cucchiai di burro d'arachidi
2 cucchiai di ghee o di olio e.v.o.
una manciata di coriandolo fresco 

Far ammorbidire la cipolla tagliata fine in una pentola coi bordi alti, insieme al ghee o all'olio. Aggiungere i pomodori (io ho usato una passata, perché in casa ho la fortuna di avere quella squisita che prepara la mamma di Tonino), la carota tagliata in pezzi e lo zenzero. Far insaporire un per un paio di minuti, dopo di che versare mezzo litro di brodo vegetale bollente. Lasciare cuocere a fiamma vivace cinque minuti, poi aggiungere il curry e il burro d'arachidi fatti sciogliere in un po' di acqua calda. Abbassare la fiamma e continuare la cottura finché si raggiunge una consistenza morbida. Passare con il minipimer e aggiungere coriandolo fresco. Viste le temperature, servire ben fredda. Ma è una zuppa che si presta bene anche molto calda per scaldarci d'inverno, mentre a temperatura ambiente i sapori vengono quanto mai esaltati. 


3 luglio 2012

Pepe lungo alla corte dei Khan.

Se per voi, come per me, le vacanze sono ancora lontane o addirittura in forse, allora non resta altro che ricorrere al potente strumento della mente fervida liquida ed evasiva che può portare lontano che più lontano non si può. 
E per aiutare siffatta straordinaria innata capacità immaginativa, possiamo pure ricorrere a quelle che, un tempo, erano le droghe e che oggi chiamiamo spezie. 
Esistono luoghi, le drogherie appunto, o empori, che mi fanno venire le formiche allo stomaco. In questi posti mi sento come Marco Polo rapito da una frenesia vagabonda, capace di attraversare mari e imperi e giungere alla corte dei Khan inebriato dalle fatiche e dai pericoli e infine rapito dai giardini, dalle stoffe, dai té e dalle spezie.
E annuso da un barottolo di vetro un bottino inestimabile, nero, caldo e profumato: pepe lungo del Bengala.


Pepe lungo alla corte dei Khan.

ingredienti
per la frolla al cacao
200 g di farina 00
180 g di burro
100 g di zucchero
2 uova
3 cucchiai di cacao amaro
2 cucchiai di acqua molto fredda
1 pizzico di sale
per la crema al pepe lungo
2 uova
2 cucchiai di farina 
2 cucchiai di zucchero
mezzo litro di latte intero
2 pepi lunghi grattugiati
una manciata di pepi lunghi per decorare


Lavorare velocemente la farina, lo zucchero e il burro morbido con i rebbi di una forchetta. Aggiungere le uova leggermente battute con un pizzico di sale, impastare velocemente e, se è il caso, aggiungere un paio di cucchiai di acqua molto fredda. Coprire l'impasto con la pellicola e riporre in frigo per un'ora o nel congelatore per 30 minuti. 
Nel frattempo preparare la crema al pepe nero. Scaldare il latte con il pepe grattugiato (si può usare la grattugia della noce moscata). In una pentola antiaderente con i bordi alti, versare le uova e lo zucchero e con una frusta sbattere fino ad avere una consistenza cremosa. Aggiungere la farina e amalgamare bene. Versarvi lentamente il latte caldo, senza smettere di girare. Portare la pentola sul fuoco, continuare sempre a girare e portare a bollore. Continuare a cuocere ancora per tre minuti e quindi togliere dal fuoco.
Quando avremo finito di preparare la crema, possiamo stendere la frolla e cuocerla in bianco per circa 20-25 minuti a 160°C.
Mentre la frolla è in forno, giriamo di tanto in tanto la crema per velocizzare il raffreddamento ed evitare la formazione della crosticina in superficie. 
Una volta cotta, facciamo intiepidire la frolla e poi rovesciamola su un piatto da portata. Coprire con la crema e decorare con una manciata di pepi interi.

1 luglio 2012

Bruschetta con le telline.

"Zia, ci facciamo un be' bagno col telemassino?"
"???"
"Aspettami qui, zia, che lo vado subito a prende."
E' così che me la vedo tornare con un materassino rosa da un lato e fuschia dall'altro.
"E' il telemassino di Cenerentola! Adesso ci facciamo proprio un be' bagnetto!"

"Aiuto zia, aiuto...un coccodrillo!"
"Amore, digli di andarsene."
"Andarsene! An-dar-se-nééé!"

"Zia, come si chiama quello con tutte le zampe lunghe che nuota nuota e poi si mangia?"
"Amore, è il polpo."
"Aiuto zia, aiuto...un pòòòppo!"

Vi sembra possibile che io, donna quanto mai impegnata e, come dicono in tv, in preda al vorticoso turbinìo della vita moderna,  io, donna impregnata dell'asfalto metropolitano (letteralmente, visto che ormai si scioglie), non mi possa godere manco un piccolo bagnetto nell'acqua fresca e turchina con la brezza tra i capelli e la pelle dorata dal sole, seduta dentro a una fantastica, gigante, ciambella gialla??? 

Bruschetta con le telline.


ingredienti
1 kg di telline
6-7 pomodorini dolci e maturi
3 spicchi di aglio
8 fette di pane
prezzemolo
olio

Lasciare spurgare le telline per alcune ore (possibilmente in acqua di mare, altrimenti in acqua e sale,) in un recipiente sul cui fondo abbiamo messo un piattino da caffé rovesciato. E' un trucchetto di mia mamma: in questo modo, la sabbia si deposita sul fondo e rimane intorno al piattino, senza risalire quando andiamo a prelevare le telline. 
Mettere nel forno per qualche minuto le fette di pane strofinate con uno spicchio d'aglio e un po' di olio. Lasciarle finché saranno appena croccanti fuori e ancora morbide dentro. 
Intanto, in una padella far scaldare l'olio con due spicchi d'aglio, aggiungere i pomodorini tagliati a metà e lasciare cuocere 4-5 minuti. Nel frattempo preleviamo le telline dalla loro acqua, passiamole sotto l'acqua corrente e mettiamole in padella. Lasciarle cuocere per 5 minuti con il coperchio e a fuoco dolce. Versare le telline e il sughetto sulle fette di pane e servire spolverando con un trito di prezzemolo.




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