25 aprile 2012

Leila e il tortano napoletano.

Leila e il tortano napoletano.

Proprio ieri si parlava di arance e stamattina scopro che anche  Leila Lindholm, lo stesso giorno, ha pubblicato un post "arancione". Pretty orange, very pretty orange! Il bello è che quella stessa pizzeria con la nostra 500 nazionale in vetrina l'ho vista anche io qualche anno fa a spasso per Londra. Da Portobello camminavo verso Notting Hill e quello che mi ha fatto girare in realtà è stato innanzittutto il profumino di forno. Il negozio si chiama "Arancina" e hanno pensato bene di giocare sul colore e su un auto simbolo del nostro paese. La pizza non mi sono fermata a mangiarla, per un'inguaribile riluttanza a ricercare cibo italiano all'estero (faccio bene, vero?? ;)), però mi ricordo di due ragazzi che, la bellezza del 2 gennaio, chiacchieravano amabilmente proprio fuori dal negozio in t-shirt...Del resto rimango ogni volta "agghiacciata", a spasso per Londra, nel vedere le ragazze che in pieno inverno girano senza collant, con sandali o al massimo decolleté e vestitucci (carini èhh, intendiamoci!) che io in genere tiro fuori per scendere in spiaggia. Secondo me un po' di freddo ce l'hanno pure loro, ma quanto sono disinvolte! 
Comunque, a proposito di colore, a proposito di Leila e anche del fatto che il tempo quasi quasi ci invita a magiare all'aria aperta, vi propongo una ricetta tratta da "Pane, pizza e torte", di cui vi parlavo qualche tempo fa.
Il tortano è di origine napoletana, ma Leila, nonstante la lontananza geografica e culturale, è stata proprio brava a proporlo in questa ricetta che è davvero semplice e di sicura riuscita. Tanto che, presa dall'entusiasmo, dopo aver provato quello con i pomodorini secchi ne ho sfornati anche altri. Ma vi trasmetto la ricetta del primo, il primo amore, per me il preferito in assoluto.

ingredienti
ricetta base
15 g di lievito fresco
300 ml di acqua tiepida
2 cucchiai di olio d'oliva
1 cucchiaio di miele
1 cucchiaio e mezzo di sale
175 g di farina di grano duro
275 g di farina tipo 00
ingredienti a piacere per farcire

1. In una ciotola sbriciolare il lievito e scioglietelo nell'acqua, insieme all'olio d'oliva, il miele e il sale.
2. Versatevi le farine un po' alla volta; lavorate la pasta finché diventa elastica (circa 10 minuti).
3. Lasciate riposare la pasta nella ciotola coperta con un canovaccio finché raddoppia il suo volume, circa 40 minuti.
4. Stendere la pasta in un rettangolo dello spessore di circa 1 cm. Non spianatela, perché l'aria verrebbe pressata fuori dalla pasta.
5. Distribuite sulla pasta gli ingredienti a vostra scelta (vedere le varianti).
6.Spennellare i margini con dell'acqua e arrotolate la pasta in un lungo cilindro, poi chiudetelo a forma di corona.
7. Preriscaldate il forno a 225°C.
8. Adagiate il tortano su una teglia ricoperta di carta da forno, spolveratelo di farina e lasciatelo lievitare coperto da un canovaccio per circa 30 minuti.
9. Infornate la teglia e abbassate il fuoco a 200°C. Cuocete per circa 35 minuti e lasciate raffreddare sopra una griglia.

tortano al pomodoro
(il mio preferito)
1 dose di pasta per tortano
2 cucchiai di conserva dei pomodori secchi
20 pomodori secchi
25 g di farina tipo 00
250 g di mozzarella
1 rametto di origano

1. Preparare il tortano seguendo la ricetta base, ma sostituire l'olio d'oliva con quello dei pomodori secchi e aggiungete altri 25 g di farina. Tritate fini metà dei pomodori secchi e aggiungeteli all'impasto.
2. Sminuzzate il resto dei pomodori secchi e distribuiteli sulla pasta insieme alla mozzarella a fettine e alle foglie di origano.
3. Spennellate i margini con dell'acqua e arrotolate la pasta in un lungo cilindro, poi chiudetelo a forma di corona.
4. Preriscaldate il forno a 250°C.
5. Adagiate il tortano su una teglia ricoperta di carta da forno, spolveratelo di farina e lasciatelo lievitare coperto da un canovaccio per circa 30 minuti.
6. Infornate la teglia e abbassate il fuoco a 200°C. Cuocete per circa 35 minuti e lasciare raffreddare sopra una griglia.

24 aprile 2012

Di una marmellata di arance e banane e del coraggio di cambiare strada.


Di una marmellata di arance e banane e del coraggio di cambiare strada.


Da qualche mese mi capita di ricevere in regalo, dalle parti e dalle persone più disparate, arance. Che arrivino dalla Sicilia, dalla Calabria o dal giardino di mia nonna  me le ritrovo in casa a sprigionare colore. Mi sembrano preziose, un regalo prezioso, coll'arancione che riscalda tutto e a mangiarle si sente che ci fanno bene. 
Così volevo in qualche modo trattenere le ultime arrivate, poterle trasformare e conservare il più possibile in qualcosa che non le alterasse troppo. 
Ed è per questo che la conobbi. Christine Ferber ha cambiato una pratica umile e antica, quella di preparare conserve in casa. Ha seguito una strada diversa, là dove il sentiero era battuto più o meno sempre sulle stesse certezze, e ha detto: ma si può anche così! Beh, ecco, io a questo tipo di persone voglio bene, un bene spontaneo perché trasmettono la cura e la passione per cose così piccole, perché sono felici di condividerle, perché vedono là dove nessuno aveva ancora visto.
Ed è così che ho catturato il colore e il sapore delle mie arance  senza stravolgerle, perché il metodo Ferber la frutta la coccola e lascia che sprigioni il meglio di sé. Provare per credere!

ingredienti
1 kg di banane (700g senza buccia)
300 ml di succo di arancia (circa 6 arance)
buccia grattugiata di un'arancia
il succo di un limone
800g di zucchero (ma io 500g)
2 baccelli di vaniglia

Tagliare a rondelle le banane sbucciate, spremere le arance e estrarre i semini dai baccelli di vaniglia. In una pentola alta unire le banane, il succo d'arancia, i semini di vaniglia, la scorza grattugia del'arancia, il succo di limone e lo zucchero. Portare a ebollizione, spegnere il fuoco e far riposare tutta la notte in un luogo fresco (se necessario in frigo. Il mattino dopo  riportare ad ebollizione e lasciar cuocere per dieci minuti. Fatto. Frullare col minipimer e invasare ancora bollente in barattoli sterilizzati (e con i coperchi nuovi!). Capovolgere per ottenere il sottovuoto.

21 aprile 2012

Fish cake e un vento che viene da lontano.

Fish cake e un vento che viene da lontano.

Credo che la cucina sia anche, in buona dose, allegria e possibilità di divertirsi, a tavola come ai fornelli. E così, alla ricerca di qualcosa di buono per la cena, mi sono ricordata dei fish cake. Sarà che mi fanno pensare al cibo per bambini, sarà anche per il fatto che non si tratta di una vera lunga frittura di quelle che si fanno ricordare anche al mattino dopo con l'odorino di unto che resta (e non c'è niente da fare, resta!), sarà per tutto questo e chissà cos'altro ancora, ma questi fish cake mi mettono allegria.
Si preparano mentre fate tutt'altro: la vostra  vera e propria presenza, di pirsona pirsonalmente, per la fase di assemblaggio e cottura dura praticamente cinque minuti!
Rispetto alla versione tradizionale inglese, io ho aggiunto una grattugiata di zenzero (visto che ne ho ancora una bella scorta, da quando qui la produzione di ginger è vertiginosamente precipitata), per il resto sono proprio come quelli che  vi potete sbafare a due soldi in quei mitici fish and chips in giro per Londra, caldi caldi mentre fuori, tanto per cambiare, piove, si alzano raffiche di vento (mi capita sempre di trovare vento a Londra, a voi no?) e voi avete macinato chilometri sempre spinti dal motore dell'entusiasmo.
Ma a proposito di fish and chips e raffiche di vento, il più buono, buonissimo, fish (era salmone)che abbia mai mangiato  e vi consiglio, di tutto cuore, di poter scovare anche voi,  si trova in posto ben lontano dalla capitale britannica, in effetti a diverse miglia dall'isola. Si tratta di un fish and chips nel porto di Howth, poco più a nord di Dublino. D'inverno ci sarete voi, il suono metallico delle funi delle barche e i gabbiani che giocano facendosi portare dal vento. 

ingredienti
300 g di pesce 
2 patate medie
1 uovo e un tuorlo
mezza cipolla
un mazzetto di prezzemolo
buccia grattugiata di limone
succo di mezzo limone
grattugia di zenzero a piacere
100 g di pangrattato
sale
olio di semi per friggere

Fate bollire separatamente le patate e il pesce. Io ho usato del nasello, ma si può usare anche merluzzo o salmone o altro, i fish cake spesso sono anche un ottimo modo per riciclare il pesce avanzato. Quando sono entrambi cotti, mettiamoli in una ciotola e con una forchetta si schiacciano e amalgamano fino ad ottenere una purea. Aggiungiamo il succo di mezzo limone, la grattugia di limone, di zenzero e io ho grattugiata anche la mezza cipolla, per meglio amalgamarla al resto. Salare, spolverare con prezzemolo tritato e amalgamare con il tuorlo d'uovo. Se l'impasto è troppo appiccicoso, aggiungiamo un po' di pangratto. A questo punto formare delle polpette e schiacciarle leggermente, passarle nell'uovo battuto e poi nel pangrattato. Passare  infine nell'olio caldo solo il tempo di farle dorare. 

19 aprile 2012

Piccoli crescioni.



Piccoli crescioni.


Qui c'è spesso vento e come un'aria di fine estate. Amo uscire al mattino stringendomi un po' nella giacca e poi, a pranzo, rubare il calore del sole. Quando torno a casa il cielo comincia a cambiare: il vento porta nubi più scure, c'è odore di pioggia, guardo all'insù come per anticipare il temporale che invece si trattiene. E poi cade a scroscio dopo cena e vado a recuperare una copertina per stare calda sul divano, mentre cerco di tenermi sveglia per vedere, almeno uno, il finale di un film.

Solo che siamo nel pieno della primavera e stavolta è diversa, meno carica, davvero imprevedibile e caduca. Come i fiori dei ciliegi che all'istituto giapponese sono fioriti da poco, hanno resistito alla pioggia battente e sotto la pioggia battente sono riuscita ad andarli a guardare prima che ammantassero la terra. 
Così auguro a tutti voi di godere di questa imprevedibile luce, di uscire e portarvi dietro cose buone da mangiare stesi tra le margherite o di restarvene a casetta e stendere una grande tovaglia a quadri e mangiare tenendosi lo stesso vicino un po' di verde. Anche se in vaso.


Piccoli crescioni.


ingredienti
500 g di farina 0
5 cucchiai di olio e.v.o.
2 prese di sale
un cucchiaio di miele
200 ml di acqua
1 cucchiaino raso di lievito in polvere

i ripieni:
funghi porcini e silano
 spadellare tre manciate di porcini con una spicchio d'aglio per    
 qualche minuto. Aggiungere un paio di fette di silano tagliate a
 cubetti e far sciogliere. Spegnere e spolverare con prezzemolo
 tritato.

porri
 spadellare un porro con due cucchiai di olio, un bicchiere 
 d'acqua, sale e una spolverata di timo.

peperoni e cipolla
 tagliare à la julienne un peperone, passarlo in padella con una 
 cipolla tagliata sottile, due cucchiai abbondanti di olio, sale 
 e un po' di acqua. Cuocere per dieci minuti a fuoco basso con
 coperchio.


L'impasto: versare la farina a fontana su una spianatoia. Al centro creare un cratere e versare un po' di acqua tiepida in cui avremo sciolto il lievito in polvere e il miele. Cominciare a impastare prendendo la farina un po' alla volta e versare acqua tiepida finché la farina ne prende. Deve risultare un'impasto morbido. Lasciare riposare mezz'ora sotto un panno umido e, nel frattempo, preparare i ripieni. Stendere infine l'impasto sulla spianatoia leggermente infarinata. Ritagliare tanti cerchi del diametro di 8-10 cm, versare un cucchiaio di impasto al centro e richiudere così da formare una mezza luna. La tradizione vorrebbe che si lascino cuocere su una piastra ben calda 5 minuti per lato, ma stavolta ho voluto provarli al forno. Se vi piace l'alternativa, cuocete per 15 minuti in forno preriscaldato a 180 °C.





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